Vendola: la ricetta dell’esecutivo fa male all’economia e il welfare non è affatto una palla al piede.
“Ma di quale riforma del lavoro stiamo parlando? La mia impressione è che la ricetta di questo governo faccia addirittura male all’economia”. Giornate intense per Nichi Vendola, presidente della Puglia e leader di Sel, ieri a Verona alla Fiera Vinitaly, dove ha accompagnato i produttori pugliesi, e domani a Casal di Principe per discutere di legalità e lavoro. La soddisfazione per il risultato raggiunto dalla sua regione – “è la prima in quanto a esportazioni” – non cancella l’amarezza per quanto sta accadendo a Roma.
Una bocciatura senza appello, la sua, quando anche la CGIL salva parte del progetto del governo.
“Vedo una continuità persino impressionante tra lo stile di Sacconi e di Fornero. Come si possono presentare in chiave propagandistica, come misure dolorose ma necessarie per spianare la strada alla ripresa economica, provvedimenti che non rispondono neanche lontanamente ai problemi principali che affliggono il mercato del lavoro? Che riforma è questa costruzione che lascia intatta la giungla dei contratti atipici, che rinvia a chissà quando l’introduzione del reddito minimo, che non estende gli ammortizzatori sociali in una fase drammatica di recessione?”
Allora il PD sbaglia tutto. Si è compatto sulla relazione di Bersani, favorevole alla riforma del lavoro e anche dell’articolo 18, seppur non nella direzione delineata dal governo.
“Un tempo, quando si parlava di riforma, si intendeva un miglioramento delle condizioni di vita, si alludeva a un aumento dei diritti. Ora, invece, si parla di riforma ogni volta che i diritti vengono tagliati. Per me, invece, questa è una controriforma. La ricetta del governo viene contestata da molti Premi Nobel, sarcastici nei confronti del club dell’austerità, nel quale Mario Monti siede con tutti gli onori.”
Insisto: i democratici stanno seguendo la strada sbagliata?
“C’è una evidente differenza di giudizio. Sono molti gli elementi negativi nella controriforma e pazienza se il PD non li vede. Ma cambiare l’articolo 18 può essere drammatico. Se nel centrosinistra si contribuisce a stracciare questa bandiera nel nome di una modernità oscena e repellente, possono innescarsi conseguenze molto importanti.”
Lei usa un termine neutro – importanti, ma vuol dire negative?
“Stiamo facendo delle ipotesi. Ma oltre al palazzo c’è l’Italia reale, le fabbriche, le piazze. Siamo fiduciosi che un dissenso tanto ampio – oltre alla CGIL, ci sono perplessità anche di altre forze sindacali – e la preoccupazione manifestata dalla Cei possano avere effetti positivi. Non si uccida l’articolo 18.”
Detta così, significa che un partito di sinistra si macchierebbe di un delitto nel dire si alla riforma.
“Sergio Cofferati dice che se resta lo stravolgimento dell’articolo 18, bisogna votare contro il provvedimento. Sono d’accordo con lui e anche con Rosy Bindi, quando sottolinea che Monti è debole con i forti e forte con i deboli.”
In un periodo di crescita, sarebbe ancora un’eresia introdurre maggiore flessibilità in uscita?
“Il welfare non è una palla al piede, come pensa la classe dirigente. Bere un calice amaro è il contrario di ciò che è necessario per una crescita sostenibile. Francamente penso che l’evocazione di questo secondo tempo, quando ci si occuperà di crescita, sia uno spot un pò berlusconiano. Il paese crolla, siamo a due punti in meno di Pil. Dov’è l’inversione di tendenza?”.