Non ha vinto un partito, bensì una domanda di rinnovamento. Doria è il risultato della sobrietà, del rigore intellettuale, della capacità di ascolto, della civiltà del dialogo, dell’investigazione sociale. Si può rimanere sorpresi se le persone decidono di farsi amministrare da chi è portatore di queste caratteristiche?
A Genova, forse non si è capito che l’avvitamento verticistico a volte allontana dalla realtà e porta a guardare all’ombelico del partito. Genova è una città fiera delle sue tradizioni, della sua democrazia, ma chiede un ricambio. E non è un giudizio negativo su Marta Vincenzi e Roberta Pinotti.
Ora la cosa migliore è partire dall’idea di buongoverno propugnata da Doria, dal suo pensiero lungo sul modello sociale e urbano, dalla fine dell’espansione del cemento e dalla cura delle ferite che si sono aperte negli anni. Mi piacerebbe definirla una profezia civica. La gente guarda a chi vuol cimentarsi con i suoi problemi e le sue angosce, con chi è pronto a tutelare i diritti e non si ferma davanti agli “altrimenti”: altrimenti Bruxelles, altirmenti le Borse, altrimenti gli industriali. E Basta!
Non coltivo l’obiettivo di sottrarre consensi al Pd, la nostra aspirazione è costruire il cantiere dell’alternativa. Qui bisogna rimescolare le carte del riformismo e del radicalismo per dare vita ad una gara delle idee e non dei pregiudizi. Ponendo al centro dell’attenzione il lavoro e portando la sinistra a cercare un compromesso con i moderati, non suicidandosi ma facendo valere le proprie ragioni .
A Genova ha vinto il popolo del centrosinistra e ora, tutti insieme, dobbiamo costruire il futuro della città e poi del Paese