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Unione Giovani di Sinistra

La scuola in gabbia

Le riforme contro la pubblica istruzione

venerdì 15 novembre 2024, di Sara Taccetti


La perdita di centralità politica dell’organo deputato alla formazione – accademica e umana – delle nuove generazioni di cittadini è resa evidente dalle riforme scolastiche degli ultimi anni, che si sono incardinate sui quattro principi di definanziamento, disunitarietà, educazione funzionale e controllo governativo.
Sono compresi nel primo di tali indirizzi tutti i tagli agli stanziamenti statali destinati all’istituzione scolastica. Tra questi: l’attestazione, al 2022, del finanziamento alla scuola al 4,1% del PIL contro la media europea del 4,7%; gli stipendi degli insegnanti italiani, tra i più bassi d’Europa; il blocco del turnover al 75% previsto dalla nuova legge di bilancio; i dimensionamenti; la assenza di interventi di ristrutturazione degli edifici scolastici.
L’unitarietà del sistema, già in fase di sfaldamento (a testimoniarlo, il divario della quota di ore passate in classe tra studenti del Centro-Nord e loro coetanei del Sud), si perderà definitivamente con l’entrata in vigore dell’autonomia differenziata: passerà alle regioni la possibilità di intervenire sui programmi scolastici, sulla formazione dei docenti e sui contratti collettivi di settore. La minaccia all’omogeneità della formazione scolastica proviene, inoltre, dalla competitività delle scuole paritarie, i fondi destinati alle quali sono più che raddoppiati negli ultimi quindici anni (allo Stato, infatti, costa meno mantenere uno studente in una scuola privata piuttosto che in una pubblica). L’insegnamento disinteressato si è perso con l’intrusione del mondo del lavoro nel tempo dedicato, almeno da previsione, allo sviluppo intellettuale dell’individuo (PCTO) e con la proposta del liceo del made in Italy (una formazione industriale de facto). Tali misure sono la concretizzazione dell’idea diffusamente sentita che individua nel tempo passato a studiare argomenti di non immediata applicazione pratica un investimento a perdere.
A tutto ciò fanno da complemento la distorsione dell’insegnamento costituzionale, che il governo vuole orientato nella forma di educazione civica, alla diffusione dei “valori” dell’individualismo e della libera iniziativa, e la repressione per via disciplinare delle voci critiche: lo dimostrano le vicende della dirigente Annalisa Savino e del professore Christian Raimo.
Una scuola sotto finanziata, non unitaria, funzionale e sorvegliata dalla politica non può adempiere al proprio compito fondamentale, quello della formazione di menti libere, di individui coscienti che possano incidere consapevolmente sulle scelte che interessano la collettività e che delle decisioni politiche siano attenti controllori. Svalutata nel proprio ruolo, la scuola rimane come appendice del sistema produttivo, unico reale beneficiario delle riforme elencate.
Concludiamo col dire che la scuola è il luogo in cui dovrebbe realizzarsi quell’uguaglianza sostanziale prevista dalla Costituzione, a prescindere dai diversi contesti familiari di provenienza. Per questo – dal momento che l’individuo non è altro che prodotto storico, ambientale, essere formato dal contesto in cui vive – lo ius scholae è misura di giustizia: sancirebbe il riconoscimento dei medesimi diritti a persone formate alla stessa maniera.

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