L’articolo 18 è stato il principale approccio alla concretezza delle lotte sindacali condotte dai nostri padri ed è un diritto non solo riferibile allo statuto dei lavoratori, ma ai diritti propri della nostra democrazia. Mi pare inverosimile che oggi degeneri una convinzione che questa importante norma sia da vincolo per l’imprenditorialità, per gli investimenti e, ancora peggio, che sia un limite per le imprese che subiscono un calo della produttività. Questo governo vorrebbe farci credere di interessarsi a stabilire una nuova concorrenza attraverso una finta equità sociale. Un ragionamento che ha tutti gli elementi per comprendere quanto sia larga l’ingiustizia sociale di chi toglie ai cosiddetti “vecchi ricchi” per dare ai “giovani poveri”. Quasi come le facce di una stessa medaglia appare tutto collegato ad un’inaspettata nuova lotta di classe che non vede più lo scontro tra borghesia e proletariato, ma che scuote gli animi di quella che sembra sempre più una subdola disputa tra vecchie e nuove generazioni. Una guerra tra poveri che combattono gli uni contro gli altri, tra ragazzi infervorati dalla precarizzazione di una professionalità non riconosciuta e anziani ansimanti di rincorrere la tanto sperata pensione. Tutto è contornato da un individualismo che ha dato gli albori ad una nuova filosofia del tempo che viviamo, scevra di ogni eticità lasciando spazio alla percezione travisata del valore dei soldi che producono altri soldi. Una teoria che vorrebbe trovare la sua massima espressione su una neo-piattaforma sociale basata sul consumismo compulsivo e non sulla costruzione di una società di valori. Ed ora qualcuno vorrebbe insegnarci che l’articolo 18 sarebbe d’ostacolo alla flessibilità di uno stato moderno che veda la luce verso l’Europa e la competitività verso il mondo. Non ci si rende conto, invece, che l’intero sistema è stato fagocitato da una forma capitalistica che possiamo definire come “bad economy” più che come“bad society”. La realtà che si paventa sarà quella in cui i lavoratori, tra ulteriori deroghe e abrogazioni, si troveranno nella temibile retata di non poter nemmeno esprimere una propria opinione perché costretti a subire la parte datoriale in tutti i suoi aspetti. Il nuovo contratto sociale, infatti, non sarà strutturato più sulla fiducia reciproca lavoratore - imprenditore, ma darà gli albori alla pura schiavizzazione delle risorse umane, private anche delle loro libertà personali. Le donne e gli uomini che oggi sono stati in piazza hanno scelto di lottare perché qualcuno vorrebbe mettere in discussione la loro dignità. Tutti gli altri devono ringraziarli per averci regalato un’importante pagina di storia che fa onore alla nostra democrazia.