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L’avvocato del diavolo

Ultimo aggiornamento : 5 dicembre 2016.

Domanda: perché chiamare una rubrica “L’Avvocato del Diavolo”?
Risposta: per la naturale inclinazione di chi scrive ad andare contro l’opinione diffusa, a cercare di vedere e capire il punto di vista minoritario (ma non per questo minore).
Magari per finire con l’allinearmi al pensiero dominante, perché no? Allineamento che però saprebbe meno di appiattimento perché purificato da un salutare “bagno critico”.


  • Voleva tutto, ha perso tutto

    5 dicembre 2016

    Citando una formula efficace di Antonio Padellaro oggi sul Fatto, "Voleva tutto, ha perso tutto".

    Ma per capire come siamo arrivati a queste dimissioni, giova ripercorrere le tappe fondamentali della meteora-renzi.

    - È andato al potere facendo le scarpe ad un suo compagno di partito e senza passare dalle urne, contraddicendo clamorosamente se stesso nell’arco di due settimane (indimenticabili gli "enrico stai sereno" e "non farò come d’Alema, io passerò dalle urne"). L’ha fatto tra l’altro grazie ad una maggioranza parlamentare frutto di una legge elettorale che appena 2 mesi prima la Corte Costituzionale aveva dichiarato incostituzionale;

    - ha messo nelle istituzioni dei dilettanti (e parlano della Raggi!), come la Boschi, la Lorenzin, Calenda, per citarne alcuni;

    - insieme a transfughi del centrodestra (gente del calibro di Alfano, Cicchitto, Verdini) ha promosso delle leggi che erano il cavallo di battaglia di Berlusconi (abolizione art. 18, "buona scuola", riforme costituzionali che restringono i diritti);

    - ha governato con una arroganza e sprezzo delle regole (abuso della fiducia e della decretazione d’urgenza, uso disinvolto della "ghigliottina parlamentare") da far invidia persino al suo mentore Berlusconi;

    - ha sostenuto una riforma costituzionale pasticciata, l’ha approvata a colpi di maggioranza, e, in un delirio di onnipotenza ha trasformato la campagna referendaria in un plebiscito sulla sua persona (ennesima scorrettezza istituzionale).

    Insomma, come ha ammesso lui stesso in un inedito impeto di onestà intellettuale, la colpa è tutta sua e se ne deve assumere la responsabilità.

    Ma cosa ci lascia in eredità, dopo appena 1000 giorni, questo "fine stratega politico"?

    Tristemente:
    - un partito, il PD (che dovrebbe essere il perno di una coalizione progressista) completamente lacerato;
    - una sinistra spaccata tra finto modernismo e una miriade di corpuscoli in cerca di identità;
    - un centrosinistra completamente da ricostruire;
    - il Movimento 5 stelle che si contenderà il governo con il centrodestra.

    Insomma, un vero capolavoro politico: qualcosa del genere non si vedeva dai tempi del "partito a vocazione maggioritaria"
    di Veltroni (che guarda caso sosteneva renzi), nella disfatta del 2008.

    Concludendo: le dimissioni erano un atto politicamente dovuto, ma non scontato, per cui va riconosciuto al personaggio (non fosse altro che per la novità rispetto ai suoi standard) la coerenza e lo stile nell’uscita di scena.

    A questo punto, per il bene della sinistra e del Paese, speriamo solo che siano definitive e irrevocabili.

  • SE QUESTA È LA PIÙ GRANDE DEMOCRAZIA DEL MONDO

    Contraddizioni di un sistema elettorale maggioritario

    10 novembre 2016

    Molti commentatori si sono già affrettati a spiegare le cause della sconfitta della Clinton con lo "scollamento della candidata con il popolo americano".

    Ora, lungi da me una difesa di parte di Hillary (io avrei preferito di gran lunga Sanders), forse però non tutti sanno che Hillary Clinton a livello complessivo ha preso circa 200.000 voti in più di Trump...ma il presidente sarà lui.

    Questo perché il sistema prevede che chi vince, anche solo di un voto, in uno dei 50 Stati, prende TUTTI i rappresentanti di quello Stato che poi eleggeranno appunto il presidente.

    Questa è la "democrazia" del maggioritario: spesso (successe anche nel 2000) chi prende più voti perde...bisognerebbe sempre tenerlo presente quando si parla di leggi elettorali.

  • L’umanità conta più della competenza

    10 novembre 2016

    Hillary Clinton ha appena concluso la sua prima uscita pubblica dopo i risultati: beh, ha fatto un discorso, breve tra l’altro, ma di un livello e di uno spessore rari, da vera statista.

    Ha evitato i suoi finti (e stucchevoli) sorrisi e la supponenza (sempre mal celata): è apparsa invece chiaramente amareggiata, anche se orgogliosa del lavoro fatto, ed era visibilmente commossa ed emozionata...insomma è finalmente sembrata vera ed umana.

    Ecco, più della preparazione, della competenza, dell’esperienza, forse sarebbe servito proprio questo per vincere: un po’ più di umanità. Peccato.

  • Date a Cesare quel che è di Cesare

    E a Dio ciò che è di Dio.

    14 dicembre 2007

    Circa 2000 anni fa un falegname di nome Gesù sosteneva così la distinzione tra gli affari dello Stato e la sfera spirituale. Fa effetto che oggi proprio la Chiesa cattolica, ovvero l’istituzione che si definisce portatrice della parola e dell’insegnamento di Gesù, non rispetti questo precetto.
    Mi riferisco ad una serie di privilegi (perché di questo stiamo parlando) di cui la Santa Sede gode in barba al principio di laicità dello Stato. Eccone alcuni esempi. In base ad una legge del 1992, le “case religiose” (in alcuni casi vere e proprie catene alberghiere di lusso che fanno affari a palate) sono esentate dal pagare l’Ici. Nel 2004 però la Corte di Cassazione ha dichiarato illegittima tale norma restringendone il campo di applicazione ai soli immobili che “non svolgono anche attività commerciale”. Una interpretazione ragionevole, visto che la ratio della legge era sgravare gli enti religiosi e non religiosi (quindi anche Onlus, sindacati, partiti, ecc..) dal peso di una tassa, riconoscendo loro una funzione sociale degna di rilievo.
    La Chiesa cattolica non mancò, allora, di appellare la decisione della Suprema Corte come “sentenza folle”. A rimediare (temporaneamente) alla faccenda ci ha pensato il governo Berlusconi con un decreto dell’autunno 2005 che ripristinava l’esenzione totale dall’Ici per le proprietà ecclesiastiche “a prescindere” da ogni eventuale uso commerciale.
    Il Governo Prodi, da par sua, ha seguito la scia: con un cavillo inserito nei decreti Bersani infatti, sono stati esentati dall’Ici gli immobili che abbiano uso “non esclusivamente commerciale”.
    Una formula, questa, inedita nel panorama del diritto italiano, che in pratica significa che il 90-95% delle proprietà ecclesiastiche continua a non pagare.
    Ora della questione si occupa la Commissione europea, che indaga per l’ipotesi di “aiuti di Stato mascherati”, contrari alla concorrenza. La morale è che ogni anno i Comuni perdono oltre 400 milioni di € (fonte: Associazione Nazionale Comuni Italiani) che potrebbero e dovrebbero essere destinati a servizi sociali quali asili nido, scuole, assistenza agli anziani, ecc..

    Altra questione, l’8 per mille. Grazie ad un sistema distorto, che ridistribuisce in maniera proporzionale anche i soldi delle dichiarazioni dei redditi lasciate in bianco (il 60%!), la Chiesa ottiene quasi il 90% del totale disponibile, circa 1 miliardo di € annui. Ma solo il 20% di questi fondi é destinato a progetti caritatevoli in Italia o nel Terzo Mondo, l’80% rimane invece alla stessa Chiesa cattolica (fonte: Avvenire).
    Last but not least, la questione dell’ora di religione. L’ultimo dato ufficiale del Ministero parla di 650 milioni di spesa per gli stipendi agli insegnanti di religione (nominati dai vescovi, tra l’altro), ma risale al 2001, quando erano 22 mila e tutti precari.
    Ora sono diventati 25.679, dei quali 14.670 passati di ruolo grazie ad una rapida e un po’ farsesca serie di concorsi di massa inaugurati dal governo Berlusconi nel 2004, quindi il costo totale per lo Stato italiano ammonta a circa 1 miliardo di €. (!)
    Se a queste voci aggiungiamo 700 milioni di € versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità, i finanziamenti a grandi eventi come Giubileo e raduni della gioventù, le esenzioni da Irap e Ires, in totale la Chiesa costa allo Stato Italiano circa 4 miliardi di € annui.
    All’inizio si diceva «Date a Cesare quel che è di Cesare...»: a me pare che la Chiesa si prenda pure quello! Sia chiaro, chi scrive non chiede a nessuno di non fare affari, ma solo di non essere così ipocrita da farlo in nome di Gesù.

  • Questioni di sicurezza

    19 novembre 2007

    E’ arrivato il momento di dirlo chiaramente: solidarietà non è sinonimo di buonismo.
    Bisogna specificarlo perché troppo spesso la Sinistra confonde il doveroso spirito di accoglienza verso cittadini stranieri che vengono in Italia per fuggire da carestie, guerre, povertà, con un malinteso buonismo secondo il quale si dovrebbe sospendere lo stato di diritto in nome di un superiore dovere di solidarietà. Mi riferisco all’attuale discussione sulla sicurezza e su come assicurarla dopo l’escalation di violenza specialmente da parte di cittadini rumeni e rom (che, è bene ricordarlo, sono due cose diverse).
    L’ambito in cui ci muoviamo è molto ampio e abbraccia il Mondo intero. Le migrazioni cui assistiamo sono fenomeni (non arrestabili) di livello globale e, in quanto tali, richiedono risposte globali. E infatti le esperienze di questi anni mostrano che una soluzione a livello esclusivamente nazionale è inadeguata. _ Qui tornano evidenti i limiti della Politica e delle sue istituzioni: globalizzazione dei mercati, migrazioni di interi popoli, interdipendenza economica e ambientale sono sfide che richiedono risposte sovranazionali. _ Nel caso europeo, in particolare, si aggiunge la questione dei nuovi cittadini comunitari, che hanno quindi libertà di movimento sull’intero territorio dell’Unione Europea. L’arrivo massiccio (è eccessivo parlare di “invasione”) di persone dall’est europeo a seguito dell’allargamento dell’UE, ha infatti trovato impreparati i governi europei, che in un primo momento hanno sottovalutato la situazione, per poi ricorrere a rimedi di emergenza come il decreto sicurezza licenziato dal Consiglio dei Ministri italiano ad inizio novembre. Il problema però, è importante sottolinearlo, viene da lontano.
    Ovvero dalle tappe (troppo) forzate con cui in sede comunitaria si è deciso l’ingresso nell’UE anche a quei Paesi, come appunto la Romania, ma anche la Bulgaria e la Polonia, che dal punto di vista istituzionale, economico e sociale erano e restano troppo lontani dagli standard dell’Europa centrale ed occidentale.
    Basta un dato: tra il 2004 e il 2007 sono entrati nell’UE 12 nuovi Paesi (prima erano 15) per un totale di oltre 106 milioni di cittadini (prima erano 386 milioni), ovvero quasi il 30% in più in soli 3 anni. Se consideriamo che il reddito pro-capite annuo dei Paesi con più abitanti tra gli ultimi entrati (Polonia, Romania e Ungheria) oscilla tra i 10 e i 18 mila dollari, a fronte di una media europea di 30 mila, non c’è da stupirsi che ci sia una immigrazione che coinvolge i Paesi europei più “benestanti” come Francia, Germania e, appunto, Italia.
    Sia chiaro: io sono un europeista convinto, fiero sostenitore dei valori che il Vecchio Continente sa esprimere, quali la Pace, i diritti umani, la multiculturalità, la tutela del lavoro e dell’ambiente.
    Ma è fondamentale che non si rompa il precario equilibrio su cui regge l’impalcatura europea. E proprio perché questi fenomeni provocano nel tessuto sociale tensioni che non aiutano l’integrazione e la pacifica convivenza, sarebbe stato opportuno valutare i tempi e i modi giusti per un inserimento graduale e il più “indolore” possibile, prevedendo per quei Paesi un periodo di “irrobustimento” politico ed economico con il sostegno esterno dell’UE.
    Ma ormai la situazione è questa e con questa bisogna fare i conti. Dobbiamo dunque chiederci se intendiamo costruire una comunità o accontentarci di un insieme indefinito di persone che vivono in un determinato territorio. Io opto per la prima proposta.
    Deve essere chiaro però che una comunità si basa su valori condivisi, sulla solidarietà e il rispetto delle regole. E quindi il diritto all’accoglienza deve trovare bilanciamento nel diritto alla sicurezza, e al dovere morale di solidarietà deve corrispondere quello del rispetto della legalità. Come ci dicevano da piccoli: “Ci sono diritti e doveri...”.

  • l’avvocato del diavolo

    La casta

    26 ottobre 2007

    Domanda: perché chiamare una rubrica “L’Avvocato del Diavolo”? Risposta: per la naturale inclinazione di chi scrive ad andare contro l’opinione diffusa, a cercare di vedere e capire il punto di vista minoritario (ma non per questo minore).
    Magari per finire con l’allinearmi al pensiero dominante, perché no? Allineamento che però saprebbe meno di appiattimento perché purificato da un salutare “bagno critico”. Chiusa premessa.


    La prima “arringa” è a sostegno di un impopolare (appunto) ma importante imputato, la Politica. Ultimamente, partendo dal (meritevole) libro “La Casta” di Stella e Rizzo, passando per il (meno elegante) “Vaffa” Day di Grillo, senza sorvolare (è il caso di dirlo) sui viaggi privati con aerei di Stato del Ministro Mastella, è diventato sport nazionale colpire alla cieca tutto ciò che ha a che fare con il vasto mondo della politica. La lunga serie di reazioni indignate del popolo italiano é senza dubbio comprensibile e giustificata.
    Ma c’è da chiedersi: i quasi mille rappresentanti di quello stesso popolo come sono entrati a far parte della “casta”? Non sono forse passati dalla porta principale di Montecitorio o di Palazzo Madama, legittimamente eletti dagli “indignati”? E allora io vedo un po’ di ingenuità (o ipocrisia?) in chi nel segreto dell’urna vota un Pomicino, un Dell’Utri o un Mastella, per poi scandalizzarsi perché beneficia di privilegi che lui stesso si è costruito.
    Come dire, ogni Paese ha la classe dirigente che si merita e che lo rappresenta.
    E sì, perché la nostra grande Italia si mostra spesso, purtroppo, una mediocre italietta: quella che pensa solo al proprio orticello (e magari di nascosto frega pure qualcosa da quello del vicino), che si scandalizza perché le auto blu passano sulle corsie preferenziali (ma quando serve parcheggia sulle strisce), che parla di moralità (e poi chiede i condoni).
    Sia chiaro, io sogno la Politica con la “P” maiuscola, fatta con passione, responsabilità e spirito di servizio. Io credo alla Politica come faro e non come specchio della società. Ma il nostro Bel Paese forse ancora non è pronto per questo. E allora teniamoci stretti i nostri Pomicino, Dell’Utri e Mastella: non si sa mai che trovino un bel posto fisso per qualche parente..

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