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Turchia

Ancora

Questo è il “Paese normale” che Erdoğan vuole presentare al mondo?

lunedì 29 maggio 2023, di Gianluca Peciola

Delegazione di Alleanza Verdi Sinistra in Turchia.


Il tempo di uno scatto rassicurante sulle scene delle democrazie internazionali e poi si torna giù, nei sottofondi delle peggiori dittature orientali e asiatiche, a minacciare gli oppositori, a invocare, di nuovo, la guerra ai #Curdi e al loro leader Selahttin Demirtaş: Erdoğan vince di nuovo, stavolta di misura, le elezioni presidenziali in Turchia.
Sembrava non aver ostacoli, forte del controllo dello Stato, dei media e del voto, sembrava inarrestabile con la retorica da grande potenza e le promesse di crescita economica. E invece, al primo turno, nonostante i brogli clamorosi e le intimidazioni, ha subìto un primo segnale di arresto.
Con il deputato Marco Grimaldi e l’attivista Luca Faenzi ero in delegazione presso i collegi della Provincia di Dyaiarbakir, su invito del Partito Democratico dei Popoli (#HDP, il partito socialista, ecologista, femminista messo fuori legge da Erdogan.) e dei suoi co-presidenti Pervin Buldan e Mithat Sancar. Un invito che ha interessato centinaia di persone tra parlamentari, militanti, attivisti per i #DirittiUmani.
Abbiamo svolto il nostro ruolo di osservatori indipendenti per tre giorni, durante il primo turno in particolare nei distretti di Ergani, Çermik e Çunguş. Quello che ci è risultato evidente è il livello di presenza militare, e di controllo del territorio da parte delle autorità di sicurezza turche.
Nella città di Diyarbakir, il giorno della chiusura della campagna elettorale dello YSP (il partito rosso verde alleato dello sfidante di Erdogan, il kemalista Kilicdaroglu), abbiamo potuto osservare il livello di militarizzazione della città.
Marco Grimaldi è stato fermato dagli agenti, prima dell’accesso nella piazza della manifestazione, il suo cellulare controllato, i video e le immagini considerate sensibili cancellati. Nei giorni precedenti al voto, centinaia di persone del Partito rosso verde e del movimento curdo, sono stati fermate e arrestate, e nelle ore precedenti alle elezioni giornalisti, tra cui una italiana, sono stati espulsi.
Fermi e controlli anche ai membri della #delegazione di osservatori indipendenti. Alcune delle persone con cui abbiamo parlato durante le votazioni e nei giorni precedenti ci hanno chiesto di rimanere anonime e di non essere fotografate.
Questo è il “Paese normale” che Erdoğan vuole presentare al mondo? Dalle prime analisi sul voto di ieri, quello che manca è la variabile della truffa elettorale. Non è possibile valutare le elezioni turche senza inserire tra i parametri i brogli eclatanti, le violenze, le intimidazioni avvenute prima e durante il voto (polizia ed esercito, indiscriminatamente, hanno sparato e lanciato lacrimogeni per le vie di Cizre nelle ore di scrutinio).
Nella sezione 1240 di Bismil, più di 200 voti per lo Yesil Sol Parti sono stati registrati in favore dell’MHP, partito alleato di Erdoğan. Che non ci siano state elezioni libere e trasparenti lo ammette anche la missione dell’#Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), che ha segnalato possibili irregolarità almeno nel 10% dei seggi.
Vedo molti commentatori “democratici” apprezzare lo svolgimento del voto, la modernizzazione del paese in senso liberale. Ma uno dei punti del contendere è stato esattamente questo, da una parte Kilicdaroglu, accusato di guardare a Occidente e di voler tornare a forme estreme di laicizzazione dello Stato, dall’altra il vincitore, che del rifiuto dei valori occidentali ha fatto una bandiera, provando a tenere insieme islam sunnita e pensiero neoliberale e sostituendo il corpo laico dello stato con i vari ordini #sunniti, come racconta lo scrittore e giornalista Kaya Genç.
Chi plaude alla vittoria di Erdoğan o, comunque, chi ne esalta la capacità di traghettamento democratico del Paese, dovrebbe ascoltare il discorso della vittoria, i suoi riferimenti alla Turchia come superpotenza, l’inizio del “secolo turco”, l’attacco violento alle opposizioni considerate amiche del PKK, l’odio verso i curdi e la comunità #LGBTQplus.
Non è casuale che tra i primi a complimentarsi per la vittoria troviamo l’Emiro del Qatar, Hamas e Orban!
Ancora una volta, in una contesa difficile e drammatica, le espressioni politiche del popolo curdo sono state in campo. Con coraggio, anche dentro una alleanza difficile da sostenere, quella con il capo del partito erede di Ataturk. Coraggio perché lo Yesil Sol Parti, a forte presenza curda, ha provato a dare la spallata al sultano, a configurare, stando dentro una coalizione con forze politiche diverse e anche ostili, un’idea di Paese conflittuale ma dialogante, contraddittorio, ma orientato allo Stato di diritto. Ha provato, come sempre, a svolgere un ruolo di propulsione democratica. Di questo dobbiamo essergli grati. Battersi per una Turchia democratica riguarda i popoli dell’area, ma riguarda anche i popoli e i paesi dell’#Europa.

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