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Rifiuti

L’inceneritore che non ci serve

Puntare ad un mega inceneritore vorrebbe dire perpetuare la crisi dei rifiuti per i prossimi 5 e più anni. Le soluzioni alternative.

domenica 2 luglio 2023, di Giuseppe Girardi


L’inceneritore proposto dal sindaco Gualtieri non è la scelta giusta per Roma, e contrasta con gli impegni elettorali. Infatti nel suo programma si legge che occorre puntare ad “un’impennata della raccolta differenziata, del riuso e del recupero, della riduzione, del riutilizzo; all’autosufficienza impiantistica, e al recupero di materia senza ricorso alla combustione, con l’obiettivo finale di ridurre progressivamente la mole di indifferenziato in modo da non giustificare più l’apertura di discariche e inceneritori”. 

Puntare ad un mega inceneritore vorrebbe dire perpetuare la crisi dei rifiuti per i prossimi 5 e più anni (quelli necessari alla costruzione dell’impianto), affrontare una spesa molto maggiore (tra l’altro concentrata sugli investimenti infrastrutturali e non sul lavoro) e ipotecare il futuro dei prossimi 30 anni di funzionamento dell’inceneritore necessari per la sostenibilità economica dell’impresa: tutto questo dopo che gli inceneritori esistenti - compreso quello famoso di Copenhagen - sono entrati in crisi per mancanza di rifiuti da bruciare a causa dell’avanzamento del recupero e riciclo, e dopo che la UE già nella comunicazione del 26/01/2017 (The role of Waste to Energy in the Circular Economy) indicava il declino dell’incenerimento, e oggi insiste negando ogni tipo di contributo economico (vedi PNRR).

La scelta dell’incenerimento di rifiuti si ispira al modello di società “usa e getta” basato su un consumismo insensato, sullo sfruttamento e sperpero delle risorse naturali, mentre oggi l’Europa indica la strada dell’economia circolare, che richiede di ottenere dalla gestione dei rifiuti il massimo recupero di materia da riciclare.
L’inceneritore spreca materia e non recupera ma spreca energia, perché quella ricavata, ad esempio, bruciando una certa quantità di carta è circa 4 volte inferiore a quella che serve per fabbricarla di nuovo. La combustione di rifiuti, poi, produce emissioni di CO2 in quantità proporzionalmente molto maggiore rispetto al gas naturale e non molto inferiore rispetto al carbone: è dunque assimilabile a energia fossile. Inoltre, i danni alla salute dovuti alle emissioni di inquinanti sono ormai stati ampiamente certificati.

Occorre implementare l’economia circolare, relegando l’incenerimento a pratica sempre più residuale, fino alla dismissione richiesta anche dall’UE.
In sintesi:
- limitare la produzione di rifiuti
- incentivare la Raccolta differenziata di qualità superando il 70% di differenziazione, e spingere la raccolta dell’organico vicino al 100% entro 2-3 anni;
- introdurre anche l’organico nella formulazione della tariffa puntuale, per incentivare l’eliminazione totale di questa frazione dall’indifferenziato residuo;
trattare l’organico con processi aerobici per produzione di compost di qualità, utilissimo per la rigenerazione de terreni agricoli;
- trattare ll’indifferenziato residuo con impianti che massimizzano il recupero di materia, abbandonando gli obsoleti TMB;
- abbandonare la logica dei mega-impianti, puntando su impianti pubblici, di dimensioni medio piccole distribuiti nel territorio, specialmente per il compostaggio.

In questo modo si raggiungerà più rapidamente anche l’obiettivo di conferire in discarica meno del 10% dei rifiuti prodotti, come chiede l’Europa, e si potrà pensare a depotenziare, fino alla tendenziale chiusura, l’inceneritore di S. Vittore.
 E dunque un nuovo inceneritore non serve, è nocivo ed estremamente costoso, e ostacola la raccolta differenziata ipotecando il futuro di Roma per i prossimi 30 anni.

Gli inceneritori sono impianti analoghi a quelli alimentati a carbone, dove il calore di combustione viene utilizzato per produrre vapore che cede la sua energia ad una turbina, da cui esce a pressioni e temperature più basse per essere poi condensato e tornare come acqua liquida pompata in caldaia per essere di nuovo vaporizzata e riprendere il ciclo. La fase di condensazione comporta un grande spreco di calore, che viene trasferito al fluido refrigerante (acqua oppure aria) e poi disperso. Una opzione migliore è costituita dagli impianti di cogenerazione, dove solo una parte del calore viene utilizzata per produrre elettricità, mentre l’altra viene usata per riscaldare edifici (teleriscaldamento) oppure in processi industriali. Questa tipologia, più complessa e meno flessibile nella gestione, ha senso solo se serve calore in maniera abbastanza costante e stabile: a Roma non sarebbe giustificata.

Gli inceneritori operano con un combustibile a basso contenuto energetico (potere calorifico), elevata disomogeneità, alta percentuale di “impurità” di vario genere; il rendimento è inferiore al 30% (basso se confrontato ad esempio con il 50% dell’impianto di Civitavecchia), mentre nel caso si potesse applicare la cogenerazione sarebbe sensibilmente più elevato.
Producono quantità elevate di ceneri ed incombusti, e rilevanti emissioni in atmosfera; consumano grandi quantità di acqua di refrigerazione per la condensazione del vapore e richiedono frequenti interventi di manutenzione, con fermate programmate oppure dovute a malfunzionamenti. Il tutto a costi veramente elevati.
Oggi, considerando la bassa efficienza, gli elevati costi per di realizzazione e di esercizio, e le rilevanti emissioni di inquinanti vari e di CO2, non si capisce proprio la ragione di questa scelta, specialmente considerando l’alternativa molto più remunerativa e “pulita” del riciclo e recupero di materia.
Tanti problemi e tanti soldi per produrre quantità minime di elettricità: molto meglio investire gli stessi soldi per una diversa strategia di gestione dei rifiuti e per incentivare le Comunità energetiche Rinnovabili

Molti si domandano quali siano gli interessi attorno all’inceneritore. In realtà si vuole passare dagli interessi economici legati alla discarica – che hanno dominato la scena fino a pochi anni fa - a quelli legati agli impianti, tanto più appetibili quanto più sono di grandi dimensioni: e quello ideato da Gualtieri si può senz’altro definire un eco mostro. Si vogliono salvaguardare gli interessi delle grandi multiutility come Hera, A2A, ACEA, guarda caso tutte interessate all’inceneritore di Roma, favorendo la gestione di tipo privatistico di servizi essenziali, esattamente come avviene per la gestione dell’acqua. Insomma, è la logica dei grandi impianti e della concentrazione del potere economico e industriale, del centralismo che esclude i cittadini dalla partecipazione alle scelte e dal controllo democratico dei processi, specialmente quelli inquinanti e dannosi per la salute e per l’ambiente; è una logica che troppo spesso ha disvelato pratiche ai limiti della legalità e del malaffare e gravi commistioni con una certa politica.

Tutto questo appare veramente paradossale, tanto più oggi nel pieno di una crisi climatica e sociale che aumenta le disuguaglianze, abbatte la qualità di vita, e restringe i diritti fondamentali e l’agibilità democratica.

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