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Caos Calmo

martedì 4 marzo 2008, di Sandra Avincola


Il “caos calmo”, cui fa riferimento il titolo, è lo stato d’animo del protagonista del film all’indomani della tragedia che lo ha inaspettatamente colpito: di ritorno con il fratello da una gita al mare, in cui hanno entrambi salvato da sicuro annegamento due incaute bagnanti, trova la moglie morta in seguito a una caduta accidentale dal balcone (o è stato piuttosto un suicidio? La cosa non verrà mai chiarita ..).
Per Pietro la terribile disgrazia coincide con la scoperta della vita come insieme caotico e imprevedibile di eventi, qualcosa da cui bisogna guardarsi e premunirsi per difendere non solo se stessi, ma soprattutto le persone amate, nella fattispecie la piccola figlia. Ecco dunque il nostro sospendere, mettendola tra parentesi, la vita vissuta fino a quel momento, per dedicarsi in maniera esclusiva alla tutela della bambina.
Le modalità di questa iper-protezione, di marca chiaramente nevrotica, sono di tipo ossessivo - compulsivo: sostare, senza soluzione di continuità, davanti alla scuola della figlia, facendo di una panchina nella piazza su cui affaccia la scuola il suo quartier generale. Nella coazione a ripetere di gesti che seguono una loro ritualità immodificabile (la vista delle persone che, a ore definite, popolano la piazza; i pasti presi al vicino chiosco; le visite dei colleghi dell’impresa in cui occupa un posto di prestigio e responsabilità; gli incontri con il fascinoso fratello, divo dello spettacolo, e con l’inquieta cognata), Pietro si illude di poter così governare il disordine che ha inferto un colpo mortale alla sua vita.
Le incursioni nel mondo della realtà “vera”, cui tentano di ricondurlo le persone che tentano di strapparlo a questa nuova dimensione virtuale, si rivelano poco decisive, quando non addirittura fallimentari: Pietro non è tentato dall’ipotesi di un’ulteriore promozione professionale, che gli recherebbe indubbi vantaggi economici, se questo debba significare “fare le scarpe” a un amico; fa abortire sul nascere la frequentazione di un’associazione di genitori che dovrebbe aiutarlo a elaborare il suo lutto; vive per quello che è, un momento di puro sesso senza alcun coinvolgimento emotivo, un incontro con la donna che ha salvato dall’annegamento.
A farlo rientrare nella dimensione della normalità sarà la voce della sua bambina, oppressa da questo padre-chioccia che la rende oggetto di scherno presso i suoi compagni di scuola.
Tagliato su misura per Moretti, che presta al personaggio di Pietro i suoi tic, i suoi affondo psicologici e le sue impennate di indignazione morale, Caos calmo è un film che lascia nello spettatore un senso di incompiutezza, e non certo per alcuni snodi della vicenda lasciati volutamente all’oscuro dalla sceneggiatura.
Felice nei momenti di puro descrittivismo (le figure minori e di contorno, l’ambientazione claustrofobica della piazza vista nei suoi mutamenti stagionali), il film disvela a volte pesantemente la tesi di fondo che gli fa imprimere una tensione quasi caricaturale alle azioni dei personaggi (valga per tutti quello della cognata di Pietro, interpretata da una Valeria Golino in una delle sue caratterizzazioni meno felici).
Del pari irritante, e fuori da ogni realtà conosciuta, è il fervorino finale della bimba, che alla matura età di dieci anni è in grado di collegare la prima lezione dell’anno sui “palindromi” alla condizione di irreversibilità del dolore paterno, tanto implausibile quanto la neve artificiale spruzzata sugli alberi dal rigoglioso fogliame chiaramente estivo.

Caos Calmo, di Antonio Luigi Grimaldi. Tratto dal romanzo di Sandro Veronesi. Con Nanni Moretti, Valeria Golino, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Silvio Orlando, Hippolyte Girardot.

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