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Caramel

giovedì 3 gennaio 2008, di Sandra Avincola


Un salone di bellezza, nella Beyrouth d’oggi. Quattro operatrici estetiche che, fra hairstyling, make-up e depilazioni a base di caramello caldo (d’onde il titolo) vivono la loro solidarietà al femminile fatta di confidenze, piccole e grandi complicità, appoggio reciproco nei momenti difficili. Tutto questo, e molto di più, troviamo nel film di Nadine Labaki, che indugia con sguardo alieno da ogni idealizzazione sulla sua città così assolutamente mediterranea, dorata e polverosa da essere, più che uno sfondo, coprotagonista della vicenda insieme alle quattro attrici principali.
Layale (interpretata dalla stessa Labaki) acconcia capelli e depila tutto quel che vi è di depilabile nel salone “Sí belle”, dove l’assenza rigorosa dell’uomo è sancita simbolicamente dalla “B ” dell’insegna, pencolante verso il basso per tutta la durata del film senza che alcuno si dia la briga di racconciarla. Insieme a lei, più sodali e amiche che semplici colleghe di lavoro, operano altre tre donne: Nashrine, Rima e Jamale.
Il film vive della rappresentazione di questo piccolo mondo, colto nella quotidianità di vicende sentimentali che – fatalmente – fanno da contraltare alle aspirazioni e ai desideri segreti delle quattro amiche. Layale vive una difficile e frustrante relazione con un uomo sposato; Nashrine, in procinto di convolare a nozze, decide di sottoporsi alla ricostruzione chirurgica dell’imene per far dono al futuro sposo di una verginità posticcia; Rima, che vive segrete pulsioni omosessuali, si strugge per una bella cliente, sublimando il suo amore nella cura amorosa dei capelli di lei; Jamale, che ha doppiato il capo temibile della menopausa, nega la realtà della sua non più giovane età con patetici stratagemmi …
L’occhio della cinepresa indugia tra affettuoso e demitizzante su questo microcosmo, sempre in bilico tra aspirazione alla modernità e stretti legami con tradizioni culturali che vedono ancora, all’apice dei sogni femminili di questa parte di mondo, il matrimonio.
Presentato al 60° Festival di Cannes nella sezione “Quinzaine des réalisateurs”, il film è anche molto “fisico” nella rappresentazione degli ambienti: si appunti questa sulle strade rumorose e trafficate della città, o sugli interni sempre troppo appesantiti da stoffe, mobili e ammennicoli vari, in ogni caso ci viene offerto uno spaccato attendibile e colorato di Beyrouth, città molto “femminile” al pari delle quattro protagoniste.
Spicca fra tutte, per fulgida bellezza mediterranea, Nadine Labaki, perfettamente a suo agio nel ruolo dell’”altra” che si macera tra frustrazioni e divoranti gelosie.

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