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La chiave a stella

Elio il "meccanico"

venerdì 21 dicembre 2007, di Alessandra Pietroforte


Ricordate quel gran genio dell’amico di Battisti in “Si viaggiare”? quello che “saprebbe cosa fare, lui saprebbe come aggiustare, con un cacciavite in mano fa miracoli…”? Per molti testaccini questo amico con la passione per i motori è Elio, il meccanico “storico” del Rione che occupa la bottega accanto al benzinaio di Via Galvani.
Lo raggiungo per l’intervista nella sua officina: mi presenta la figlia e la nipote e subito mi fa capire che la cosa non andrà per le lunghe. Elio non è un tipo da cerimoniale, né uno che fa molti giri di parole; è diretto, schietto e viene subito al dunque.
“Sono un perseguitato” si autodefinisce senza che io abbia ancora formulato la prima domanda, “lei deve sapere che sono un perseguitato. Sono nato in questo quartiere nel 1940, da bambino abitavo al “palazzo Spadoni”, quello a Via Amerigo Vespucci dove c’era il forno Marucci.
Mi ricordo che quando ero molto piccolo i tedeschi davano la caccia a noi ebrei. Le famiglie fasciste, per 100 lire, facevano la spia alle guardie tedesche e indicavano loro le nostre case. Io abitavo alla scala centrale e quando mia madre vedeva dalla finestra i tedeschi che entravano nel cortile, mi faceva salire di corsa su per le scale, attraversare la terrazza e scendere dalla scala vicina che era comunicante con la nostra per scappare via”.
Il tono di voce di Elio si fa sempre più deciso quando parla delle persecuzioni durante il regime fascista; si fa più dolce invece quando parla del suo lavoro: “ho aperto la mia officina nel 1960, si rende conto da quant’è che sto qui? Anche mio padre faceva il meccanico, riparava le macchine nella via di casa e anche io ho sempre fatto questo mestiere”.
Gli chiedo se è in pensione e se viene all’officina per dare una mano al figlio e passare il tempo. Lui mi guarda dritta negli occhi e mi dice: “io in pensione? Mica ho finito di versare i contributi! Devo arrivare a 35 anni…”.
Poi si fa serio e aggiunge: “Sa che dico sempre io? Che l’artigiano è un umile avvilito!”. Per un attimo lo guardo perplessa e si spiega meglio: “Vede, sa cosa succede spesso? Che viene un cliente con la macchina, chiede quanto costa riparare il danno, tu gli dici, ad esempio, 100 euro, e lui ti guarda come se avessi chiesto chissà quanto. Per questo siamo umili e avviliti! Qui a Testaccio ci hanno provato in tanti a metter su bottega; tutti quelli che pensavano di fare i furbi e fare i soldi facendo prezzi alti, poi hanno chiuso. Il cliente, se vuoi, lo freghi una volta ma, poi, non torna e tu alla fine abbassi la serranda”.
Gli chiedo come è cambiato Testaccio rispetto ad oggi, se prima era un quartiere molto più popolare rispetto ad ora e lui mi risponde che in realtà quando era giovane lui c’era rispetto anche tra i ladri, non si rubava a chi già stava in difficoltà, a casa si lasciava la porta aperta… Quando ero giovane io, noi ragazzi eravamo dei discoli, oggi invece c’è troppa droga e violenza in giro”.
Il tempo a mia disposizione stringe, Elio mi ripete che è tardi e che deve andare via con sua figlia, ma mi lascia il tempo per l’ultima curiosità: “Cosa avrebbe voluto essere se non avesse potuto fare il meccanico?”.
Lui ci pensa un attimo e serio mi risponde che gli sarebbe piaciuto leggere e scrivere bene, poter insegnare qualcosa alle persone e condividere con gli altri le proprie conoscenze”. In un certo modo forse già ci è riuscito con tutte le persone con cui parla e con cui è a contatto e mi lascia anche una piccola riflessione per questi giorni di feste: “oggi abbiamo tutto, ma non ce ne accorgiamo; ai tempi miei non avevamo davvero nulla, in confronto oggi siamo ricchi, anche se si lamentano tutti.
Oggi, ad esempio, c’è Internet e volendo possiamo sapere tutto quello che succede nel mondo; quando ero giovane io, grasso che colava se sapevi quello che succedeva alla Garbatella!”.

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