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Signorinaeffe

martedì 25 marzo 2008, di Sandra Avincola


Le regole dell’attrazione, si sa, innescano complesse dinamiche che poco hanno a che vedere con la logica e molto con la chimica: Goethe scrisse su questo tema un romanzo esemplare, Le affinità elettive.
È dunque seguendo la cieca legge degli istinti che Sergio (Filippo Timi), operaio Fiat nella Torino del 1980, non si sente minimamente attratto da Magda (Sabrina Impacciatore), maestrina senza soverchie ambizioni conosciuta in occasione di un incontro “combinato”: a colpirlo in modo folgorante sarà piuttosto la sorella di lei, Emma (Valeria Solarino), la bella della famiglia, laureanda in matematica e legata sentimentalmente a un giovane ingegnere (Fabrizio Gifuni) che le ha propiziato l’ingresso in Fiat.

Mentre il rapporto con la ragazza stenta a decollare per le resistenze di lei a un amore che sembra fin troppo coinvolgente sul piano emotivo, Sergio si inserisce in prima persona nel mezzo delle azioni di protesta inscenate dagli operai Fiat.
L’azienda infatti, per far fronte alla crisi produttiva in corso, ha deciso di ridimensionare drasticamente le forze lavorative. Di fronte all’ipotesi della Cassa Integrazione, vista come anticamera del licenziamento per quindicimila operai (numero destinato presto ad accrescersi), i lavoratori arrivano ad occupare gli stabilimenti di Lingotto e a picchettare gli ingressi per impedirne l’accesso ai “crumiri”. Emma, che ha a sua volta deciso di aderire apertamente alla lotta operaia, si trova a dover fronteggiare due diversi ordini di problemi: da una parte l’ostilità dei familiari, che avevano auspicato per lei la conquista di un più elevato status sociale anche attraverso un matrimonio adeguato; dall’altra, la difficoltà di accordare il suo mondo a quello di Sergio, che vive con disagio crescente le differenze, anche di ordine culturale, che lo separano dalla sua donna.
Mentre lo sciopero si prospetta lungo e duro (con immagini di repertorio che mostrano Enrico Berlinguer che parla davanti ai cancelli di Lingotto, e un giovane Piero Fassino in corteo a fianco dei dimostranti), i colletti bianchi sfilano per le strade di Torino nella famosa marcia dei 40.000: è la revanche annunciata, il primo e allarmante segnale della futura sconfitta. Sconfitta che finirà per coinvolgere anche la vita privata: mentre l’operaio che coabita con Sergio, Antonio, vive in serena leggerezza la relazione con l’insignificante Magda, i due protagonisti non potranno far altro che specchiarsi nei propri fallimenti. Del resto, per tutta la durata del film, sono perennemente aggrondati: quasi che l’”impegno”, in qualsivoglia forma sia vissuto, debba per forza cancellare dalla vita ogni ipotesi di sorriso.

Le immagini che scorrono sullo schermo hanno il potere di riportarci indietro nel tempo: perché in questo film la ricostruzione ambientale, dal vestiario agli arredi e all’oggettistica (basti pensare alla grattaformaggio a scatola circolare: chi la ricordava?) sono tutti rigorosamente “vintage”, con una cura quasi maniacale del reperto autentico di modernariato. Del pari felice la rappresentazione della famiglia di Emma, trapiantata a Torino dal meridione, con quel padre-monumento che ama con appassionata dedizione la Fiat (“io grazie alla Fiat ho cresciuto tre figli”) e odia ciecamente chiunque attenti al bene dell’azienda. Il tutto non mira, peraltro, a restituirci una cartolina d’epoca, quanto a rendere in piena concretezza uno snodo storico della nostra storia recente: quel settembre-ottobre 1980 che segnò in Italia la fine di un certo modo d’essere della classe operaia e del mito che il ’68 aveva costruito su di essa.

Filippo Timi si cala nel suo ruolo in forma convincente e ci ricorda un po’ il giovane Volonté; molto “fisica” la resa del personaggio da parte di Valeria Solarino.

Sigorinaeffe, di Vilma Labate. Sceneggiatura di Domenico Starnone. Con Filippo Timi, Valeria Solarino, Sabrina Impacciatore, Fabrizio Gifuni.

   buono

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