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Senato

Contro il decreto "Valditara"

Io esprimo la nostra totale contrarietà a questo provvedimento, miope, autoritario e classista, che genererà demotivazione e paura di sbagliare.

mercoledì 17 aprile 2024


Con 74 voti favorevoli e 56 contrari l’aula di Palazzo Madama, ieri mattina, ha approvato il nuovo disegno di legge [1] che porta indietro di decenni i criteri valutativi nelle nostre scuole. Il provvedimento, che ora dovrà passare per l’aula di Montecitorio, entrerebbe in vigore dal prossimo anno scolastico.

Pubblichiamo la trascrizione della dichiarazione di voto del senatore De Cristofaro di AVS.

In alternativa, ecco il video dell’intervento

Signor Presidente, sono passati soltanto quattro anni dall’approvazione di quell’emendamento del decreto scuola (decreto-legge n. 22 del 2020) attorno al quale in piena pandemia si discusse molto. Erano - lo ricordiamo tutti - i giorni più difficili per la scuola italiana, obbligata a scelte mai nemmeno immaginate fino a quel momento. Avevamo la percezione forte che quella situazione inedita necessitasse di proposte coraggiose e innovative, e che almeno si potesse provare ad uscire da quella grande emergenza con l’idea di non tornare semplicemente al passato.

L’accesa discussione tra le forze politiche per eliminare il voto numerico nella scuola primaria e sostituirla con un giudizio descrittivo faceva parte di quella riflessione, con la consapevolezza quindi che la pandemia e, ad esempio, la scelta obbligata della didattica a distanza avessero fatto emergere ancora di più le contraddizioni della scuola italiana. Si cominciava a vedere assai meglio quello che alcuni di noi dicevano da tempo: l’istruzione pubblica, quel grande pilastro democratico attorno al quale si era costruita buona parte dell’idea dell’emancipazione sociale, innervando davvero i valori più alti contenuti nella Costituzione repubblicana, non era certo esente dal rischio di una torsione classista. La pandemia stava soltanto accentuando e rendendo più evidente quello che esisteva già, e che, attraverso troppe riforme sbagliate, stava minando alla base quella colonna portante che i Padri costituenti vollero fondare sull’inclusione e sulla democrazia. Quella del giudizio descrittivo era una piccola grande rivoluzione, una vera e propria innovazione contro la tirannia del voto, perché i bambini non possono essere considerati dei numeri; perché un 4 non può essere un macigno pesante da comprendere, mentre una valutazione complessiva prende in considerazione molto meglio le caratteristiche di un bambino; perché un voto numerico spesso significa giudicare non quel giovanissimo studente, ma il livello di istruzione della sua famiglia di origine.

Oggi il Governo Meloni rivela, con questa scelta, con la pessima idea di tornare al passato, il suo carattere profondamente classista. Senza alcun monitoraggio, snobbando totalmente gli appelli dei pedagogisti e delle associazioni, riporta indietro l’orologio, come se si volesse recuperare l’autorevolezza perduta della scuola italiana attraverso l’autoritarismo; come se il modello a cui si guarda fosse quello opposto rispetto al ruolo emancipativo e trasformativo dei percorsi formativi, che invece necessiterebbero di tutt’altro: innanzitutto di risorse più adeguate per tutto il personale della scuola, a partire dal sostegno, o ancora di ridurre il numero degli studenti per classe, condizione essenziale - questa sì - per una scuola capace di rimuovere o almeno contrastare la disuguaglianza sociale.

Voi avete scelto di non ascoltare la scuola e quell’esercito di maestre e maestri che ogni giorno svolgono un lavoro straordinario e del tutto malpagato, nonostante le enormi responsabilità sociali, culturali e formative a cui adempiono.

È davvero insopportabile e contraddittorio che parliate ancora di merito, senza garantire una uguaglianza di opportunità. Come si fa a non capire che non c’è merito, se una gara è truccata, se - per fare cento metri - qualcuno parte da zero e qualcun altro parte da cinquanta? Qual è il merito di cui parlate, se non sono garantite le pari condizioni di partenza?

Non servono certo graduatorie o classifiche per le bambine e per i bambini. Serve, piuttosto, migliorare le informazioni descrittive, che aiutano gli allievi a conoscere se stessi e a essere orientati a dirigere la propria attività futura. L’insegnante ha con loro una relazione educativa. Non è un giudice ed è opportuno che sia il più possibile lontano da questo ruolo.

La scuola può sollecitare a conoscere e a studiare, se aiuta a crescere senza mortificare, giudicare ed intimorire fin da piccoli, con il bollo di un voto numerico che esprime un valore sulla persona. Il voto, in realtà, è soltanto una delle possibili scelte comunicative della valutazione e non è certo la scelta più efficiente. Se la finalità è quella di migliorare l’apprendimento, attribuire al voto la funzione di stimolo e di fine dell’apprendimento, è uno dei più gravi errori che si possa commettere, dato che spesso, peraltro - come è noto - porta a sviluppare atteggiamenti negativi verso la scuola e, più in generale, verso lo studio.

Confondere, quindi, la valutazione col voto e attribuire ad esso la funzione di stimolo dell’apprendimento significa davvero non avere alcuna cognizione della complessità della questione. Agli inizi della grande scolarizzazione del mondo contemporaneo ci fu una fortissima richiesta di quelle competenze di base che, all’epoca, si riassumevano nella formula: leggere, scrivere e far di conto.

Rispetto a questo traguardo, anche i Paesi più avanzati, ancora una volta e anche in questo caso, come la pandemia ha drammaticamente disvelato, stanno verificando e soprattutto stanno vivendo un vero e proprio analfabetismo di ritorno. Invece, però, di confrontarsi con questo grande tema, con questa grande questione, di contrastarla in qualche modo, il Governo sceglie di ritornare indietro, di ritornare a una visione tremendamente classista, che ripete retoricamente la parola merito, tradendo però, nei fatti, il richiamo agli studenti meritevoli che esiste nella Costituzione italiana, la quale si poneva invece l’obiettivo, giustamente, di rimuovere gli ostacoli legati alle diverse condizioni di partenza.

Io esprimo la nostra totale contrarietà a questo provvedimento, miope, autoritario e classista, che genererà demotivazione e paura di sbagliare, il contrario, cioè, della fiducia e della motivazione a migliorare che dovrebbero invece rappresentare i valori di fondo della scuola italiana.

Con questo provvedimento, con la cultura politica che lo ispira, avete dimostrato, ancora una volta, di essere portatori di un pensiero profondamente reazionario. In realtà lo sapevamo già e questa ne è solo l’ennesima conferma. Il mondo, però, va avanti, nonostante voi proviate a riportare indietro le lancette della storia, e sarà sempre più forte di ogni nostalgia.

Note

[1924-bis - Revisione disciplina valutazione comportamento studentesse e studenti

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